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Il mio uovo capovolto – L’intervista alla chef Barbara Agosti

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L’uovo. Origine di tutto, nei secoli ispirazione di artisti, filosofi prima e, ora, di chef che hanno stravolto la concezione di questo prodotto solo apparentemente così semplice.

L’uovo. Nel corso storia dell’arte l’uovo è stato spesso associato ai concetti di “origine”, “nascita” (dalle pale medievali a stampo religioso sino a Salvator Dalì), tanto da essere riprodotto in numerose occasioni. L’uovo. Il mito dell’uovo cosmico in particolare, da cui avrebbe avuto origine l’universo, ha travalicato i secoli e, così come molti altri racconti della mitologia, ha attecchito in diverse culture mantenendo sempre il legame con il concetto di vita e di rinascita.

L’uovo. Un prodotto così semplice, comune e dalla geometria essenziale, ma che in cucina nasconde infinite possibilità di utilizzo, di preparazione, quasi fosse un contenitore pronto solo per essere (ri)aperto, (ri)scoperto, (ri)valorizzato. La sorpresa delle infinite creazioni che dall’uovo possono essere generate, però, spetta solo a chi dimostra sufficiente iniziativa per ribaltare la concezione di un ingrediente che tutti abbiamo in casa, che tutti pensiamo di saper  maneggiare.

Il gioco dell’ova

Questi concetti, quelli di “origine” e “riscoperta” sono alla base della cucina della chef Barbara Agosti, una piemontese (originaria di Novi Ligure) che a Roma si è affermata con una proposta che trae origine dall’uovo, e di questo ne riscopre e ripropone utilizzi, abbinamenti, metodi di cottura e, ovviamente, piatti. In definitiva, aver capovolto l’uovo a livello concettuale è stato il segreto della chef Agosti.

Il suo locale, Eggs, si è affermato a nel cuore della Città Eterna come un tempio laico per tutti gli amanti non solo della cucina romana (sia della tradizione che più legata all’innovazione) ma anche di coloro che, stufi delle ricette classiche, vogliono approcciarsi a questo ingrediente in modo diverso, originale.

In questo mondo gastronomico fatto di stelle Michelin, di ingredienti ricercati, spesso esotici e difficilmente reperibili, Barbara Agosti ha portato l’uovo al “livello successivo, dimostrando come anche da un prodotto così comune si possa dare origine a piatti di alta cucina.

E poco importa se abbiamo azzardato questo paragone che salta dall’arte alla religione prima di arrivare alla gastronomia, ma forse la cucina moderna può non considerarsi quasi una costola dell’arte contemporanea? E, in fondo, quello del “ben mangiare” al giorno d’oggi non è uno dei credi profani che tutti maggiormente cerchiamo di professare?

Chef Barbara Agosti

L’intervista

Barbara, partiamo dalla “concezione” dell’uovo. Nella storia dell’arte ha rappresentato la nascita, l’origine; qui ad Eggs è invece l’origine della tua cucina. Perché proprio l’uovo?

L’uovo per me è l’origine della cucina in generale, un po’ il suo DNA. Qui ad Eggs ne è proprio il fulcro, non solo uova di gallina o quaglia ma anche di pesce, dal salmone sino a quelle di storione, sino ad arrivare al caviale. È un’idea che nasce anni addietro, da una pasticceria che aprimmo a Campo de Fiori (ZUM, ndr)  incentrata sulla produzione di tiramisù artigianale. Da qui siamo partiti, ci siamo sviluppati veicolando l’uovo anche nella forma salata e ad Eggs siamo arrivati a produrre fino a 14 versioni di paste alla carbonara.

Stiamo parlando di un ingrediente apparentemente semplice, ma con il quale si può creare un’infinità di prodotti …

L’uovo si presta ad essere sia il protagonista del piatto, come nel semplice occhio di bue, fino a diventare un legante tra vari ingredienti. Si usa molto per legare salse, farce e ripieni. È un ingrediente che ha una vastità infinita nell’utilizzo culinario, sia intero sia solo con albume o tuorlo. Quasi tutte le salse della nostra cucina sono infatti a base di uovo.

È un po’ sottovalutato come ingrediente?

Direi di sì, perché in molti attribuiscono all’uovo quelle 3-4 ricette semplici che vengono continuamente ripetute. Se si va più a fondo scopriamo però come l’uovo sia utilizzato nella realizzazione di molte paste, quelle ripiene sono praticamente tutte a base di uovo e quindi si può creare un menù molto ricco e tanti clienti si stupiscono della nostra grande proposta con questo ingrediente sì povero, ma molto centrale nella tradizione gastronomica non solo italiana.

La vostra è una cucina che segue la stagionalità?

Tantissimo, anche perché in estate e in inverno si hanno a disposizione uova con tuorli più o meno grandi, a seconda della quantità d’acqua bevuta dalla gallina. In Italia poi abbiamo una vastità di materie prime talmente grande che sarebbe assurdo non approfittare di prodotti, di stagione, dalla grande qualità. C’è una grande attenzione per la materia prima.

La cucina romana è tipicamente molto legata ai piatti della tradizione, magari restia a rivisitazioni o grandi modifiche. In Eggs hai reinventato e reinterpretato ricette, quali credi siano i punti di forza che hanno reso questo locale uno dei must della città?

Abbiamo rivisitato ma abbiamo anche lasciato spazio alla tradizione. La nostra carta delle carbonare parte con la versione classica secondo la ricetta originale. Dopodiché ci siamo sbizzarriti utilizzando prodotti di stagione abbinandoli a quelli della tradizione classica: abbiamo aggiunto la cipolla di Tropea quando si trova caramellata, i carciofi quando sono di stagione oppure fiori di zucca o asparagi. Abbiamo fatto anche delle versioni con il pesce al posto del guanciale: proponiamo varianti con il nero di seppia e la seppia, con il baccalà, oppure con i gamberi e i pistacchi. Quest’anno poi abbiamo creato la versione vegana, la “C_arbonara che non c’è_”, che ricorda il piatto originale solo visivamente: al posto dell’uovo c’è il datterino giallo, pomodori secchi tostati invece del guanciale e al posto del pecorino usiamo pinoli tostati e sbriciolati.

La Carbonara da passeggio

I turisti come si approcciano ad una cucina che, oltre a presentare la carbonara vera e propria, la propone anche in versione stecco?

Abbiamo un turista abbastanza ricercato, non è un turista in cerca di un piatto low cost. Viene perché ci ha conosciuto attraverso i social o guide gastronomiche ed è attratto da questa combinazione di piatti di qualità che spaziano tra tradizione e innovazione. La Carbonara da passeggio, in particolar modo, dopo averla presentata a Masterchef, è stata molto richiesta. Riscontriamo un grande successo tra i giapponesi: questo perché abbiamo registrato un paio di puntate per delle tv nipponiche e, una volta andate in onda, c’è stato un grande incremento di questa clientela.

La Carbonara da passeggio è un piatto che hai presentato anche a MasterChef. Che tipo di esperienza è stata per te quella televisiva?

Molto bella, ero un po’ restia ad andare perché la parte mediatica non è nelle mie corde e mi immaginavo un format molto manipolato, invece mi ha stupito il fatto che tutta la trasmissione è così come appare in tv, non c’è nulla di costruito. I concorrenti sono stati molto bravi: la Carbonara da passeggio non è una ricetta così semplice da realizzare e, soprattutto per chi non l’ha mai approcciata prima, ha molti punti critici. È stata un’esperienza divertente e molto positiva, e ha ovviamente dato molta visibilità ai nostri prodotti.

Intervistando altri tuoi colleghi ho raccolto opinioni discordanti riguardo i talent di cucina. Qual è la tua visione?

Sicuramente c’è stato un avvicinamento alla cucina da parte di molti giovani. Ci siamo accorti che queste trasmissioni sono seguite anche dai giovanissimi: un sacco di famiglie sono venute qui perché portate dai propri figli, anche molto piccoli, che ci avevano visto in tv. Questi programmi appassionano sicuramente i giovani alla cucina, li avvicinano, poi se la cucina stessa rimarrà un sogno o una carriera dipende da ognuno di loro. Dalla tv traspare un mondo molto patinato ma in realtà non è così, perché poi quando si avvicinano alla vera cucina capiscono anche abbastanza in fretta che la verità è molto dura: si suda, si fatica e si lavora una mole di ore incredibile, e questo ti porta anche a molte rinunce a livello di vita sociale e rapporti.

Carbonara e burrata

Molti giovani sperano di partecipare ai talent sperando magari di evitare una prima gavetta. Qual è stata invece la gavetta di Barbara Agosti?

Sono totalmente autodidatta, mi sono avvicinata alla cucina perché in famiglia cucinavano un po’ tutti e con le cucine più disparate: dalle ricette popolari di nonna sino a quelle più gourmet di una mia zia che aveva tanta passione per la cucina francese. Il Piemonte poi è una regione che ha una tradizione culinaria e una ricchezza di prodotti vastissima quindi è stato relativamente facile approcciarmi a questo mondo.

Per una piemontese come è stato ritrovarsi in una città dalla grande tradizione gastronomica come Roma?

Si è trattato di un adattamento un po’ difficile, per creare una filiera di materie prime che soddisfacessero le mie aspettative c’è voluto un po’ di tempo e non ci sono ancora arrivata del tutto. Per quanto riguarda la tradizione ho trovato molte attitudini con la cucina ligure: il consumo del baccalà, l’uso della trippa, degli straccetti… in generale tante ricette hanno relazioni con la cucina ligure e con il basso Piemonte, la mia zona d’origine. Penso comunque che la cucina italiana sia tutta bella ma altrettanto difficile, perché anche in una stessa città possono esserci varie versioni di una stessa ricetta.

Per chiudere, hai in cantiere nuovi piatti che proporrai a breve? Ci puoi dare un’anteprima?

Stiamo iniziando a pensare a quello che sarà il menù del prossimo autunno/inverno, quindi prendiamo in considerazione i prodotti della stagione come funghi, castagne, tartufi e risorse della stagione. Non so da cosa è nata l’idea, che mi è recentemente balenata, della versione di una _tartare_leggermente scottata con l’uovo all’interno magari accompagnato al tartufo. È ancora un’idea, ma dobbiamo lavorarla come si deve.

Eggs – Via Natale del Grande, 52, 00153 Roma

Per le foto si ringrazia l’ufficio stampa di Eggs