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Corrado Brachino di Amarcord: “Questa è la mia pizza 2.0”

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Passione, idee chiare, consapevolezza. A supporto di una grande dose di coraggio e spirito di iniziativa.

Questa la ricetta personale di Corrado Brachino, giovane pizzaiolo che a Viterbo sta portando avanti una proposta inedita per il territorio, sicuramente originale e legata a una ricerca attenta e studiata delle materie prime.

Nel pieno centro storico della città sorge un locale che forse definire pizzeria nel senso tradizionale del termine è limitativo. Proprio perché il locale stesso è quasi un laboratorio in cui dalla tradizione si vuole uscire per portare avanti una nuova idea di pizza. Idea, per l’appunto, contemporanea.

Questa ricerca del nuovo la si riscontra anche nell’estetica di Amarcord: alle mura in mattoni di un edificio del centro storico Corrado ha aggiunto particolari e arredi di più moderno respiro e taglio, in linea con quella che è la filosofia che in cucina si vuole portare avanti. Bene la tradizione, immancabile e presente, ma uno sguardo rivolto anche (anzi, soprattutto) oltre.

Quella di Corrado Brachino è stata, ed è tuttora, una grande sfida. La sfida di aprire nel centro storico di Viterbo un nuovo locale a soli 27 anni, di plasmarlo secondo le sue idee non riducendosi ad assecondare solamente la richiesta del cliente.

Da Amarcord, infatti, Brachino non si limita alla realizzazione dei grandi classici della pizza (che, confessa, prima o poi non proporrà più) ma si concentra sulla creazione di nuove proposte che abbiano una linea guida alla base: la qualità dell’ingrediente locale.

Da Amarcord troviamo i “must” come Margherita, Diavola, Quattro Stagioni e similari, ma è nella carta “contemporaneache Corrado riesce a esprimere tutta la sua fantasia e identità. Ecco dunque che la sua pizza segue la stagionalità, con prodotti sempre diversi personalmente selezionati da piccole aziende locali.

E da 5 anni a questa parte, guidato da una grande passione che emerge anche dalle sua parole, Brachino (dopo una lunga gavetta in Italia e all’estero e dopo numerosi riconoscimenti, tra cui un Guinness World Record) continua a portare avanti la sua idea di cucina. Guidato da pochi compromessi ma molta consapevolezza.

Era giusto quindi dedicare in questo blog, in cui domina incontrastata l’alta cucina, anche uno spazio a un nuovo e rinnovato modo di intendere, percepire e realizzare la pizza. Il fatto poi che ci sia la ricerca di prodotti locali, meno conosciuti al grande pubblico, fa sicuramente onore a Brachino e si sposa con uno degli scopi per i quali il sito è nato: la valorizzazione della Tuscia da un punto di vista gastronomico.

La sua pizza “contemporanea“, però, ce la racconta direttamente Corrado.

Corrado, tu hai aperto Amarcord quasi 5 anni fa dopo una grande gavetta in Italia e all’estero. Come vedi il futuro del tuo locale, magari tra altri 5 anni?

Il mio punto d’arrivo lo vedo in una proposta che sarà solo gourmet. Questo locale sarà così, tra 5 anni proporrò esclusivamente la pizza contemporanea. Il classico prima o poi lo toglierò perché la mia idea è chiara: basata sul prodotto d’eccellenza, di qualità, del territorio e stagionale, con il quale devo riuscire a esprimere la mia creatività attraverso la realizzazione delle pizze.

Come è nato il tuo amore per la pizza e questo mestiere?

Per me è stato un colpo di fulmine: un giorno a 20 anni ho vissuto un’esperienza che mi ha fatto capire chiaramente quale fosse la mia strada. Ho realizzato che non era la cucina il mio mondo, ma la pizza. Da lì ho avuto le idee chiare, ho trovato subito la mia passione e mi sono concentrato in toto su questo obiettivo. È con la passione poi che sono andato avanti, mi ha spinto e supportato anche nei momenti difficili, in particolare modo quando stavo per aprire qui 5 anni fa ed ero pieno di dubbi e incertezze.

Negli ultimi anni hai notato un cliente che è diventato un consumatore più consapevole e critico?

Ora il cliente sta assumendo maggiore consapevolezza e curiosità riguardo quello che vuole mangiare. Si va più alla ricerca del piccolo produttore, del prodotto di nicchia, è cambiato il modo di pensare. Stanno emergendo prodotti che la gente non assaggerà mai se non andando da chi li produce o da chi li usa in locali come il mio, perché nella grande distribuzione non li troverai mai.

Franco Pepe mi rivelò, in un’intervista passata, di non amare il termine “gourmet” abbinato al mondo pizza. Sei d’accordo?

Sono assolutamente d’accordo. Pepe è uno dei più grandi maestri in Italia e in Europa. La pizza nasce come cultura e nessuno può avere, secondo me, la superbia di andare a smuovere una cultura, una tradizione così radicata. La pizza intesa nel senso classico del termine deve certamente rimanere una cosa popolare, ma questo non vuol dire che bisogna essere troppo vincolati alla tradizione; anzi questa va usata come trampolino di lancio, spunto, per nuove idee e preparazioni. A gourmet preferisco il termine “contemporaneo“, e per me la pizza contemporanea è la ricerca di materie prime di nicchia, poco conosciute al grande pubblico, ma con le quali creare grandi proposte.

È lecito pensare che negli ultimi anni il mondo pizza abbia assunto una maggiore identità e consapevolezza propria nell’ambito della gastronomia?

Sono pienamente d’accordo. Secondo me il mondo pizza è riuscito negli ultimi anni a ritrovare una propria identità e definizione ben precisa anche grazie a questo progressivo distaccamento dalla tradizione, andando a cercare nuove proposte, abbinamenti, ingredienti, costruzioni culinarie e creative. La concezione del classico resta comunque intramontabile, la tradizione rimane lì fissa come giusto che sia, ma è l’evoluzione che secondo me sta dando questa spinta in più. Tutti i grandi nomi della pizzeria contemporanea, da Padoan a Pepe, pur partendo dalla classicità ora sono riusciti a dare una propria impronta, e identità, a questo mondo. E la clientela si accorge di questo, perché è sempre più interessata alla ricercatezza, agli ingredienti di qualità e a nuove creazioni.

Ovviamente l’utilizzo di prodotti di qualità, di nicchia, e ricercati va a influire sul prezzo finale del prodotto. Questo può spaventare il cliente?

Penso che bisognerebbe andare oltre il concetto del prezzo. Magari qualcuno può spaventarsi nel vedere 18, 19 o 20€ in listino ma bisogna far capire che alla base non c’è una pizza tradizionale, bisogna entrare nella mentalità che si sta mangiando una cosa diversa dal prodotto al quale siamo abituati, con impasti costruiti nel tempo, a volte anche di 4 giorni, ingredienti differenti, autentici e ricercati, che ovviamente vanno anche a influire sul costo finale. Non c’è paragone con le pizze tradizionali prodotte con farine 00 che in molti fanno, è tutt’altra cosa, sia nella lavorazione che nel mangiarla. Ripeto, la tradizione non va toccata, ma la pizza contemporanea è la rappresentazione di un percorso che il pizzaiolo fa, a livello professionale e umano.

Secondo te il settore legato alla pizza, fatta in un certo modo e con certi canoni, potrebbe entrare nella guida Michelin?

Secondo me ci può esser posto. Penso che ci dovrebbe essere e che ci doveva essere da tanto tempo. Anche per quanto riguarda la pizzeria c’è un professionista che lavora con tutti i suoi collaboratori, è un sistema molto simile a quello dell’alta cucina contemporanea. Anche i canoni, nelle dovute proporzioni, sono gli stessi.

Per chiudere, con la pizza consigli l’abbinamento con il vino o con la birra?

L’abbinamento birra-pizza è storicamente inesatto. La pizza nasce con il vino, rosso, e solo successivamente è stata accostata alla birra. La particolarità che uso qui da Amarcord è che le quattro pizze contemporanee proposte sono consigliate con alcuni vini locali. L’abbinamento di una buona pizza, realizzata come si deve, e il vino giusto secondo me soddisfa il cliente nettamente di più rispetto all’abbinamento con la classica birra.

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Foto di OfficinaVisiva

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