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Le Lase, a Orte la storia al femminile di una cantina “in rosa”

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È una storia giovane quella de Le Lase, ma una storia di territorio, di famiglia, di perseveranza e a tinte decisamente rosa.

Una storia raccontata a Orte (VT) nel cuore della Tuscia viterbese.

Il progetto Le Lase è interamente gestito da quattro sorelle che, da ormai una quindicina di anni, hanno tra le mani un’azienda giovane ma ambiziosa. Locale seppur con ampi margini di apertura. Proiettata al futuro, con grandi ispirazioni imprenditoriali, ma che non dimentica le sue radici “famigliari”

La storia de Le Lase è però forse soprattutto “rosa”: a capo di questa azienda ci sono le sorelle Ceccarelli che, ereditata una piccola cantina dal padre, hanno voluto dare il loro contributo attivo alla crescita dell’azienda in un mondo, quello del vino, ancora spesso caratterizzato da forti connotazioni maschili. 

Anche per questo Le Lase ha intenzione di rappresentare qualcosa di diverso, di nuovo, nel territorio in cui è inserita, ma non solo. Qui, dove nel pieno delle campagne che fanno da cornice a Orte (a pochi chilometri da Viterbo) sorge la grande sede/cantina aziendale, le sorelle Ceccarelli hanno in mente di arricchire la loro azienda di bistrot, sala degustazioni e appartamenti per i turisti che vogliono visitare una zona, la Tuscia viterbese, ricchissima dal punto di vista storico, culturale ed enogastronomico. 

Il legame con il territorio in fondo è alla base del nome stesso dell’azienda. “Lase richiama le figure femminili della mitologia etrusca, semi divine, responsabili della cura del focolare domestico. Quale miglior riferimento a una cultura che proprio in questa zona conobbe la sua culla e, per certi versi, anche l’inizio della sua fine?  A poche centinaia di metri da dove sorge la cantina, infatti, venne combattuta nel 309 a.C. una sanguinosa battaglia (presso il lago Vadimone) tra gli etruschi, a difesa della loro zona, e i romani in progressiva e inarrestabile espansione. 

Tra storia, piani futuri e un presente marchiato dall’emergenza Covid, Giada e Chiara Ceccarelli mi hanno aperto le porte della loro cantina e del loro progetto.

Siete a capo di una cantina ancora relativamente giovane. Come è nato il progetto Le Lase?

Per studi fatti mai pensavamo che avremmo lavorato nel settore agricolo. Tutto è nato da una passione di nostro padre che, una volta in pensione, nei primi anni 2000 ha acquistato un casale con il terreno adiacente per iniziare a coltivare vigne e produrre vino. In breve tempo ha acquistato anche altri appezzamenti circostanti e con l’aiuto di un agronomo e un enologo ha perfezionato il suo progetto, bonificando e sistemando innanzitutto i terreni. Tutto è partito quindi da una sua passione e noi ci siamo in qualche modo ritrovate catapultate in questo settore. Man mano ci siamo però fortemente appassionate al mondo del vino, diventando anche sommelier AIS, e prendendo concretamente in mano questo progetto.

Il nome Le Lase ha un “retrogusto” mitologico, legato alla cultura etrusca, come l’avete scelto?

Quando abbiamo iniziato il nostro percorso imprenditoriale ci siamo avvalse dell’aiuto di un’agenzia di comunicazione esterna, anche perché essendo completamente inesperte non volevamo commettere eventuali errori già in fase di startup. Siamo state aiutate nella scelta dei nomi dei vini, nella realizzazione delle etichette, e sono stati i nostri consulenti a suggerirci di adottare questo nome per sottolineare il legame con un territorio, il nostro, che è stata a culla della civiltà etrusca. Le Lase erano delle semi divinità femminili molto legate al focolare domestico e, considerando che a gestire questo progetto siamo quattro sorelle, l’abbiamo trovato attinente con la nostra storia. Il nome giusto per questa cantina, in grado anche di raccontare questo territorio che, secondo noi, ha molto da offrire.

Siamo a poche centinaia di metri dal Tevere. La presenza del fiume, e la morfologia del terreno, quanto determinano le caratteristiche del prodotto finale? 

La presenza del Tevere è fondamentale. Il fiume garantisce forti escursioni termiche non solo durante le stagioni, ma anche nel corso della stessa giornata. Ci permette di avere nebbie che influiscono positivamente su questo tipo di agricoltura, proteggendo le uve, e ci dà un terreno particolare, argilloso nel suo primo strato. In profondità poi troviamo residui lavici, perché siamo in un territorio vulcanico e ricco di sostanze, minerali, che influiscono sul prodotto finale. 

Cosa vi ha spinto a piantare determinati vitigni piuttosto che altri?

In fase iniziale, appunto perché nessuna di noi aveva esperienza in questo campo, il supporto dell’agronomo e dell’enologo è stato molto importante; ci hanno guidato loro nella scelta delle vigne da piantare. Il primo impianto è stato di vitigni internazionali, quelli che assicuravano maggiore “sicurezza” anche in campo commerciale. Con gli anni abbiamo scelto, grazie alla maggiore esperienza acquisita, di virare su tipologie più specifiche, autoctone, come per esempio il Canaiolo nero.

Come è stata la vendemmia 2020? Quali aspettative avete?

La vendemmia ci ha sorpreso. Sicuramente è stata molto buona ma non ottima come pensavamo durante il lockdown. Essendoci stata una primavera molto calda credevamo che sarebbe avvenuta una maturazione delle uve un po’ diversa da quella poi effettiva. Però dobbiamo dire che è andata molto bene.

Secondo voi questa zona è un po’ sottovalutata, o poco sfruttata, dal punto di vista enogastronomico?

Assolutamente sì. A tanti forse verrebbe anche difficile localizzare geograficamente la Tuscia viterbese. Per vari motivi questa zona viene poco considerata, forse perché siamo un po’ troppo vicini a Roma, o ad aree più blasonate dal punto di vista enogastronomico come la Toscana. Sicuramente si può fare tanto di più: bisognerebbe fare maggiormente gruppo tra tutti i produttori ed essere aiutati dalle amministrazioni e istituzioni locali. Abbiamo comunque le infrastrutture necessarie, tra autostrada, superstrada e ferrovia, per essere facilmente raggiunti, quindi potenzialmente potremmo rivolgerci a un bacino di turisti importante. Purtroppo, però, si fatica. 

In mezzo a grandi produttori della zona, tra la bassa Toscana, l’alto Lazio e l’Umbria, voi che difficoltà avete avuto in fase di startup a imporvi?

La difficoltà è stata considerevole, perché in provincia o a livello regionale le cantine sono grandi e importanti. Non c’era inizialmente l’apertura a cantine nuove, ma nel momento in cui assieme a noi sono nate anche altre realtà la curiosità generale è aumentata, sia nei confronti dei prodotti che dei produttori stessi. Abbiamo subìto anche uno scotto prettamente territoriale: essendo decentrati rispetto alle grandi cantine del territorio, concentrate soprattutto attorno al lago di Bolsena e Montefiascone, incontravamo più difficoltà a farci notare. Altro aspetto che abbiamo pagato è quello legato al fatto di essere donne, inizialmente infatti siamo state in qualche modo “sottovalutate“. Nel tempo, grazie al lavoro e alla relazione con altre donne del vino, abbiamo ottenuto i nostri giusti meriti.

Il settore del food è stato ovviamente investito dall’emergenza Covid, voi che difficoltà avete riscontrato o state riscontrando?

Durante il lockdown il lavoro è stato costante e necessario, perché comunque la natura non fermava il suo corso. Per il resto abbiamo sofferto così come tutto il mondo della ristorazione. Ristoranti, wine bar e enoteche sono il nostro sbocco commerciale principale, quindi anche noi abbiamo accusato il colpo delle varie chiusure.

Per concludere, progetti per il 2021?

In verità avevamo molti progetti per il 2020 sia riguardo la produzione che nell’implementazione della struttura, per la quale abbiamo in mente di realizzare camere per gli ospiti e un bistrot. Aspettiamo la fine della pandemia per avviare i nuovi progetti e rimetterci veramente in moto. Il primo impegno però sarà un’inaugurazione ufficiale della struttura, che avevamo previsto per la scorsa primavera e che abbiamo dovuto rimandare per ovvi motivi. Tra le novità, poi, anche un nuovo vino.

Le Lase – di Giada, Marta, Chiara e Benedetta Ceccarelli

Vini prodotti e uvaggio:

Terra: Violone-Sangiovese
Fiamma: Merlot
Cautha: Cabernet Sauvignon-Petit Verdot
Thesan: Canaiolo Nero
Semia: Pinot Bianco-Pinot Grigio
Goccia: Chardonnay
Satres: Pinot Grigio Ramato
Zefiro: incrocio Manzoni

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Foto di Officina Visiva