Nuova cucina all’Olivo Country Club: Salvo Cravero firma l’ultima meta gourmet della Tuscia
Salvo Cravero da pochi mesi è alla guida della cucina dell’omonimo ristorante, nuova meta gourmet della Tuscia situata nell’accattivante location dell’Olivo Country Club, all’ombra dell’antico borgo di Bassano in Teverina.
Con colpevole ritardo sono stato al Salvo Cravero Ristorante. Colpevole, perché a 10 minuti da casa, all’ombra del borgo di Bassano in Teverina e con affaccio sulla sottostante valle del Tevere.
La location, suggestiva e già esistente, chiedeva una proposta di ristorazione all’altezza del contesto, e pochi mesi fa è stato chiamato Salvo, molisano d’origine e della Tuscia per adozione, tra l’altro mio ex docente presso la Gambero Rosso Academy.
“Io sono arrivato qui credendo di dover fare solamente una consulenza – ammette lo chef – ma poi da cosa è nato cosa, mi hanno proposto un ruolo in cucina, da protagonista, ma inizialmente credevo fosse uno scherzo. La proprietà poi ha insistito e allora mi sono messo in gioco, ho accettato questa scommessa, una sfida in cui ho messo faccia e nome”.
Mi piacciono i ristoranti che portano avanti una proposta fatta di territorialità, specchio del luogo in cui sorgono e che rappresentano. E la Tuscia, ancora sottovalutata e poco conosciuta (al di fuori come al di dentro, purtroppo) è un hub gastronomico meritevole di maggior attenzione, nonché consapevolezza sia nei propri mezzi sia nella ricchezza di prodotti.
Fatto sta, qui Salvo ha deciso di perseguire la strada della territorialità senza pur disdegnare prodotti non locali, fedeli al concetto di chilometro buono.
Tutto ciò di non autoctono è sparring partner, spalla di livello, dei protagonisti del piatto, cioè gli ingredienti del territorio. Vediamo quindi i dolci, nobili, gamberi crudi accoppiati alla grassa e “povera” coppa di suino viterbese, resa cubetto e appena scottata per conferirle una crosticina croccante. Risultando così quasi un guscio che si apre al morso liberando la morbidezza e la cremosità interna. E, pur grassa, la carne non unge né sporca il palato.
O l’alice del Cantabrico, abbinata sia allo spaghetto Fanelli, produttore locale (di Canepina), sia a un secondo come il leprino viterbese, il cui lombetto si adagia sul suo saporito e rotondo fondo all’ischitana. Chiaro riferimento alla Campania.
Molto interessante il dolce: Terre di Tuscia è formato da una ganache montata di cioccolato bianco, dalle note piacevolmente sapide, persistenti, arricchita con olio Mammamia e nocciole Luca Di Piero.
Interessante inoltre, e per certi versi inusuale per i ristoranti gourmet, la possibilità lasciata al cliente di poter comporre in autonomia il proprio menu degustazione. “Voglio dare agli ospiti la possibilità di scegliere i piatti che più li incuriosiscono. Come posso io ‘imporre’ dei piatti ai clienti, non conoscendo i loro gusti? Partendo da qui ho deciso di impostare in modo un po’ atipico la mia proposta”. Rimane, comunque, l’opportunità di affidarsi totalmente allo chef per quanto riguarda il menu degustazione. Al quale si affianca anche la tradizionale carta.