Coro, a Orvieto il nuovo ristorante in una chiesa sconsacrata del 1500
Una delle più recenti, e interessanti, novità in Umbria è rappresentata da un ristorante davvero sui generis. Nella cittadina umbra a due passi dal famoso Duomo.
Verrebbe da dire quasi “fuori dal coro”, con la “c” rigorosamente minuscola, non fosse per il fatto che questa espressione, dato il nome del ristorante, rischierebbe di essere abusata, con annesso pericolo di perdere di valore. A ben vedere però fuori dal coro questo spazio lo è davvero, per quanto il gioco di parole sia piuttosto semplice e immediato dato il nome del ristorante. Per l’appunto Coro, situato nel cuore del centro storico di Orvieto (Tr) in una via che porta dritta verso il Duomo cittadino.
Coro, la motivazione di questo nome è doppia. Prima di tutto perché il ristorante sorge letteralmente all’interno del coro di una chiesa sconsacrata del 1500, un edificio storico (oggi Palazzo Petrus) distante appena un centinaio di metri da quella meraviglia architettonica che è il Duomo. Negli spazi dove un tempo si nutriva lo spirito, insomma, oggi si nutre il corpo in un passaggio di consegne ben più essenziale ed edonista. Coro però anche per un altro motivo, perché è la crasi dei nomi dei due che guidano questo progetto ambizioso in uno dei centri più storici e affascinanti di tutta l’Umbria, Regione che sensazioni e numeri alla mano (leggasi, l’exploit di ristoranti inseriti nell’ultima edizione della Guida Michelin) sembra ormai pronta per grandi cose.
Dicevamo, i due a comando di questo progetto sono Francesco Perali, responsabile di sala, il cui “co” finale del nome di congiunge con le lettere iniziali di Ronald Bukri, chef classe 1987 di origini albanesi ma dall’età di 6 anni trapiantato in Italia, e ormai figlio adottivo del nostro Paese. Eccolo quindi Coro, un ristorante inserito in un contesto di rara bellezza in cui si percepiscono vibrazioni ambiziose.
L’ambizione, dopotutto, è quasi naturale considerando i trascorsi di chef Bukri, uno che si è formato nelle cucine di Arnolfo, storico ristorante due stelle Michelin in Toscana guidato da Gaetano Trovato, uno dei maestri che un giovane Ronald (ancora 21enne e alla prima esperienza in un fine dining) ha avuto prima di intraprendere una sorta di viaggio dell’eroe moderno che l’ha portato prima da Lo Priore (l’altro suo mentore) a Siena, poi a Londra nel bistellato Sketch e a Sidney nel tristellato Guillaume at Bennelong. A tutto ciò ha fatto seguito il ritorno in Italia, nuovamente in Toscana dove a Montalcino all’Osticcio ha conosciuto proprio Francesco Perali, responsabile di sala originario di Orvieto.
E da poche settimane, la data di apertura ufficiale è stata il 23 dicembre, proprio a Orvieto Francesco è tornato assieme a Ronald per regalare alla cittadina un ristorante che in zona mancava, che quasi nella provincia ternana (particolarmente indietro per quanto riguarda il fine dining rispetto al perugino, dove invece c’è grande fermento), ad esclusione di pochi casi, mancava. Le ambizioni, come detto, sono alte, e non possono essere altrimenti considerando contesto e personalità che si sono imbarcate “in coro” in tale avventura. “Con Francesco – racconta Ronald – abbiamo condiviso un progetto importante in passato, Osticcio a Montalcino, e quando abbiamo dovuto chiudere quell’avventura con lui ci siamo promessi di continuare insieme. Coro di fatto è partito così, da quella promessa. Lo stesso nome del ristorante indica questa comunione di intenti, perché è composto dal finale del nome di Francesco e l’inizio di Ronald, a indicare come dove finisca uno inizi l’altro“.
Cosa si mangia da Coro? Sovrastati da una volta alta ben 12 metri, con tanto di affreschi alle pareti, i commensali (sono una trentina, in tutto, i coperti) possono affidarsi alle mani dello chef optando per uno dei tre menu degustazione alla cieca (Coro Ardente, Coro Libero e Coro Armonico, il principale da 6 portate) con possibilità di aggiungere uno o due extra, o scegliere alla carta. “A me – racconta Ronald parlando della sua filosofia – piace una cucina non parlata ma sussurrata, che i piatti siano in linea con ciò che sono io e quello in cui credo. Nei menu degustazione inoltre il cliente ha la possibilità di inserire degli special. Sono piatti che mi hanno caratterizzato e che mi porto dietro: lo spaghetto al Parmigiano Reggiano, limone e paprika, il gambero rosso con emulsione di miele, olio e limone che è un antipasto, e poi dopo un dessert a base di miele, finger lime e polline fresco. Ora è entrato in carta un piatto che sta riscuotendo un buon successo, la pancia di pecora con calamaro che penso mi porterò dietro per un po’”.
Ultimi aspetti ma non per importanza. Coro dispone anche di 9 camere in cui poter soggiornare nel centro storico dell’affascinante borgo umbro, e il cocktail bar che “anticipa” letteralmente il ristorante, posizionato tra l’ingresso di Palazzo Petrus e lo stesso Coro. Gocce, questo il nome, dispone di una saletta interna ma anche di un bel cortile esterno, ed è guidato dalla fantasia (e dalle mani) di Domenico Sciascia. Carta di drink attenta e precisa, fantasiosa il giusto, da cui poter optare per un aperitivo (con la possibilità di aggiungere dall’apposita carta una selezionata proposta food) o un piacevole after dinner.