Claudio Dragotto, da Palermo a Piediluco un giovane maitre che porta l’Umbria a tavola
Classe 1999, originario di Palermo ma ormai adottato dal’Umbria, cresciuto nella consolidata realtà del ristorante Le Terrazze a Piediluco (Tr), Claudio Dragotto è una voce promettente e ambiziosa della nuova generazione locale di sala e accoglienza. Figlio di ristoratori, si potrebbe pensare a un percorso scritto nella natura delle cose. In realtà, il suo cammino professionale è tutt’altro che scontato: è fatto di studio, consapevolezza, autoanalisi e soprattutto di una grande attenzione per quel valore aggiunto che trasforma una cena in un’esperienza.
Foto di Marco Aquilani | Officina Visiva
Dragotto, di recente formazione alberghiera, è protagonista nella sala del ristorante di famiglia, dove ha voluto innalzare il livello dell’accoglienza pareggiandolo così con quello della cucina. In un momento in cui le due anime del locale non sembravano in perfetta simbiosi, è stato Claudio a rimboccarsi le maniche per far sì che tutto fosse coerente, omogeneo. Che in sala, insomma, si rispecchiasse il lavoro della cucina. Claudio fa propria questa visione e la applica al ristorante di famiglia: servizio elegante ma non ingessato, attenzione ai dettagli, dal calice giusto alle posate sempre impeccabili, e qualche piccola cortesia che faccia sentire l’ospite coccolato senza scadere nell’eccesso. Quando gli si chiede come definirebbe il proprio stile, Claudio risponde: “Professionale, attento, ma mai ingessato.” Il calice giusto, le posate perfette, i ritmi bilanciati: il servizio per lui è un linguaggio silenzioso. Il contatto umano non è escluso, ma calibrato: confidenze e sorrisi arrivano solo quando nasce un vero dialogo, senza forzature. “Il cliente è cliente, io sono lì per servirlo. Se poi nasce un rapporto, ben venga, ma ognuno deve poter stare nel proprio ruolo.”
Il vino nel rispetto di precisi canoni
La passione per il mondo del vino nasce in un secondo momento, quasi per necessità. “Si servivano piatti di qualità, anche prodotti eccellenti, ma da bere c’erano vini senza anima”, spiega. Arriva così il corso da sommelier AIS, completato fino al terzo livello, che rappresenta un punto di partenza più che di arrivo. Il suo approccio oggi è chiaro e dichiarato: promuovere vini artigianali, meglio se locali ma non necessariamente, piccoli produttori che seguono in prima persona ogni passaggio, dalla vigna alla bottiglia. “Il vino deve avere un’anima, deve raccontare chi lo fa. Preferisco realtà da 10 a 30 mila bottiglie l’anno, dove le mani che raccolgono sono le stesse che imbottigliano.”
La scelta è anche una presa di posizione: grande diffidenza verso i vini industriali o troppo standardizzati, poco identitari, piatti. Non sempre, però, l’Umbria gli facilita il compito. La Regione, storicamente più vocata ai vini strutturati che a quelli eleganti, presenta a suo modo di vedere ancora un panorama artigianale disomogeneo, e Claudio lavora ogni giorno per selezionare etichette coerenti con la sua idea di cucina e di servizio, spesso ampliando lo sguardo oltre i confini regionali.
Uno sguardo oltre il ristorante
Il futuro professionale? È ancora aperto. Da quest’anno Claudio studia anche nutrizione all’università, con un obiettivo chiaro: unire gastronomia e cultura alimentare, cosa che, secondo lui, in Italia ancora si registrano delle mancanze professionali. “Molti nutrizionisti sono preparati dal punto di vista medico, ma secondo me non sanno fare la spesa né spiegare al paziente cosa scegliere. Vorrei portare cultura alimentare pratica e buona cucina nella quotidianità delle persone.” Non esclude, un domani, un suo progetto personale: una bakery moderna, un luogo che parli di nutrizione concreta, colazioni e pranzi bilanciati, cibo quotidiano di qualità. Un ambiente in cui studio ed esperienza possano convivere. Così come la sua voglia di crescere professionalmente.
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