Eleonora Bonucci, tra moda e food: “Con Schenardino per unire gusto, stile e accoglienza”
Schenardino – Cucina, Pizza & Vino – ha fatto il suo ingresso vivace nel cuore di Viterbo lo scorso luglio, trasformando Piazza delle Erbe in un punto di ritrovo tra tradizione e contemporaneità. Progetto voluto dall’imprenditrice della moda Eleonora Bonucci, con la visione raffinata del marito Andrea Serinelli, e reso possibile grazie all’eccellente cucina dello chef Danilo Ciavattini, il locale unisce materie prime locali, design attento e un’accoglienza spontaneamente elegante. In poco tempo ha raccolto un’ottima risposta da parte della cittadinanza, intuendo perfettamente il desiderio di convivialità di Viterbo in cerca di novità e qualità. Schenardino rappresenta così un primo passo concreto di un ambizioso piano che guarda al recupero del celebre Caffè Schenardi, con l’obiettivo di restituire al centro storico il suo anima più autentica e contemporanea.
Schenardino è dunque molto più di un ristorante: è il primo tassello di un progetto ambizioso che intreccia cucina, moda e ospitalità, con l’obiettivo di riportare Viterbo al centro di un’esperienza internazionale di gusto e stile.
Tra Schenardino e Schenardi, parla Eleonora Bonucci
Di tutto ciò ne abbiamo parlato con Eleonora Bonucci, anima del progetto insieme al marito Andrea, che ci ha raccontato il bilancio di questa prima fase e la visione futura che guarda al rilancio del celebre Schenardi come ristorante gourmet, ma non solamente.
Eleonora, a poco meno di due mesi dall’apertura di Schenardino qual è il bilancio di questa prima fase? Molto positivo. C’è stata una bellissima risposta da parte della clientela, soprattutto locale. Sono venuti tanti clienti di Danilo, così come tanti clienti della nostra boutique. Tutti hanno trovato ciò che si aspettavano: un ambiente di alta qualità, la cucina straordinaria di Danilo e una cura particolare per gli arredi. Chi non conosceva Danilo è rimasto colpito dalla sua cucina, chi non conosceva noi ha notato subito il design e l’attenzione ai dettagli. Quindi direi che si è creata una bella sinergia tra mondi diversi: il nostro know-how nel design, nella moda e nell’attenzione al dettaglio, unito all’esperienza di Danilo in cucina.
Come definirebbe Schenardino? Non lo chiamerei propriamente un’“osteria”, nel senso stretto del termine Per me è un ristorante con tradizione innovativa, dove arte e design hanno un ruolo centrale, con musica dal vivo di qualità, un ambiente curato e contemporaneo. Forse potremmo definirlo un “fashion bistrò”, che richiama un po’ l’atmosfera dei bistrot parigini che amo: cura estetica, musica dal vivo, servizio elegante. E poi c’è il richiamo al fashion, al mondo della moda che è quello a cui sono maggiormente legata.
Dopo tanti anni nella moda, come è nata l’idea di entrare nella ristorazione? L’idea è nata da mio marito Andrea, che ama il food, è appassionato di vino ed è anche un ottimo cuoco casalingo. Inoltre, oggi moda, food e hospitality sono mondi sempre più vicini. Schenardino è stato un primo passo, un lancio: un progetto più accessibile, che ci prepara a quello che sarà il grande progetto di Schenardi, una versione più luxury e completa. Un progetto grande, di respiro internazionale.
C’è un’analogia tra l’altamoda e la ristorazione di alto livello? Assolutamente sì. Il punto di contatto principale è la cura del cliente. Nel nostro negozio non funziona come in un fast fashion, dove entri, compri e vai via. Noi accogliamo il cliente con un bicchiere di champagne o con un aperitivo, lo facciamo sentire a suo agio in un ambiente arredato come un salotto, e lo intratteniamo anche per ore. Perché alla base c’è un’esperienza, non una semplice transazione. La stessa cosa l’ho ritrovata nella ristorazione: non basta più cucinare bene, perché ormai mediamente si mangia bene ovunque. Quello che fa la differenza è l’experience, fatta di dettagli, servizio, atmosfera e attenzione.
Che differenze ha notato tra moda e ristorazione dal punto di vista manageriale? Nella ristorazione il tempo è la risorsa più preziosa e tutto avviene in modo molto più rapido. In due ore ti giochi la giornata intera: non c’è tempo di fermarsi, ragionare e recuperare. Bisogna reagire all’istante, e ogni dettaglio diventa cruciale. È stato quasi un trauma all’inizio, perché in venti giorni ho imparato tantissimo. Allo stesso tempo mi ha appassionata, perché ti fa capire ancora meglio quanto siano importanti i dettagli anche nell’altra azienda: dire alle persone di non sprecare tempo, curare ogni aspetto. Nella moda puoi “spalmare” il lavoro su tutta la giornata, qui invece la reattività deve essere immediata.
Che progetto sarà invece Schenardi?
Sarà un concept che riporterà agli antichi fasti il Gran Caffè Schenardi creando un grande bar, una cucina gourmet e un negozio collegato al Giardino d’Inverno. Abbiamo fatto un grosso lavoro di ristrutturazione e abbiamo collegato gli spazi con scale e ascensori per rendere il percorso fluido. Ai piani superiori continueremo con la vendita e poi ci sarà l’hôtellerie: otto stanze di lusso abbinate a un contesto gourmet. L’obiettivo è attrarre clientela internazionale, senza dimenticare quella locale che già ci ha accolto con entusiasmo e che sta tornando con piacere.
Com’è lavorare con lo chef Danilo Ciavattini? Benissimo. Io dico sempre che Danilo è Schenardi e Schenardino, e noi speriamo di esserlo per lui. C’è grande sinergia e umiltà da entrambe le parti. Danilo dà il massimo in cucina e noi cerchiamo di farlo in sala, anche se la gestione della sala è stata una sfida inaspettata: è un mondo molto diverso dai negozi e richiede grande esperienza.
Quali sono le ambizioni future legate a questo ampio progetto di ristorazione? Abbiamo preferito partire con umiltà, dal basso, per capire bene come funziona questo mondo. Danilo ci insegna tanto, ma per noi era importante sporcarci le mani e fare esperienza diretta. L’obiettivo, certo, è crescere, portare a Viterbo un progetto che abbia allure internazionale,