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Lillero, la trattoria contemporanea che "resiste" nel centro di Terni

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“Nosotros somos la resistencia”. Noi siamo la resistenza. Si può parafrasare così, pescando dalla cultura popolare una celebre battuta ricavata dalla serie La Casa di Carta, la filosofia, l’animo e la benzina che manda avanti Lillero. A Terni una trattoria “diversa”, per così dire, baluardo di buon mangiare e buon bere in una città generalmente un po’ sopita sotto l’aspetto enogastronomico. Contesto questo che rende maggior credito a questo localino del centro che, grazie alla verve dei giovani proprietari, sta raccogliendo sempre più apprezzamenti da pubblico e critica.

È Alessio, uno dei soci proprietari di Lillero, a mettere in risalto proprio questo aspetto. «Come descriverei Lillero? Come un punto di resistenza - dice -Terni è una città che perde pezzi, che fatica a rialzarsi. Noi vogliamo alzare queste quattro mura antiche e dare un futuro diverso alla cucina umbra: custodirla, evolverla, non lasciarla indietro. Ci sentiamo la resistenza di Terni, con la nostra trattoria che non si arrende e cerca di andare avanti. Giorno dopo giorno, servizio dopo servizio».

Cosa si mangia da Lillero a Terni: un menu giornaliero

Una trattoria old school, ricavata in un palazzo storico con le volte rosse di mattoni in cotto, e le vibes di locale informale in cui c’è grande attenzione verso la resa qualitativa dell’offerta generale. Tanti riferimenti al maiale: animale che compare già nel logo del ristorante e che ritroviamo sotto varie forme sia in raffigurazioni artistiche sia in simpatici salvadanai sistemati sulle tavole. Campeggiano i riconoscimenti delle guide di settore (Lillero è anche Chiocciola Slow Food, risultando tra le migliori 300 trattorie d’Italia), disegni e quadri. Le tavole, rigorosamente in legno, così come le sedie, tutte diverse tra di loro e con la seduta in paglia. Insomma, a primo impatto ciò che ci si aspetterebbe da una trattoria classica, per l’appunto, compresi servizi di piatti “vintage” da cui sicuramente qualcuno di noi in gioventù ha mangiato, nel corso dei pranzi dalla nonna.

Si va più sul contemporaneo, invece, per l’idea e la resa di cucina. Una filosofia che pesca sì, dove possibile, dalla tradizione, ma che cerca poi di trasformare ricette del territorio in una chiave moderna, personalizzata e personalizzante, ispirata dai canoni di ciò che deve e vuole essere una bella osteria contemporanea. Si attinge quindi da un menu scritto quotidianamente a mano, con piatti che dipendono dalla disponibilità giornaliera delle materie prime con una filosofia rivolta verso il minimo spreco possibile (non si butta via niente, proprio come del maiale), e si va da ricette più classiche come le ciriole alla ternana o il coniglio della valnerina, passando per preparazioni che dalla tradizione si ispirano per andare verso nuove rotte. Un esempio è la lingua di manzo alla piedilucana, condita con maionese, chutney di albicocche, frutta di stagione, olio evo moraiolo, pepe bianco e sale maldon. Oppure un’ottimo pan brioche di trota, maionese e cavolo cappuccio, arrivando a una faraona alla leccarda realizzata seguendo tecniche di cottura più moderne ed ottimizzate, in grado di esaltare il sapore del piatto.

«Un tempo la faraona, simbolo della nostra cucina, veniva arrostita, preparata con la sua salsa di frattaglie a parte - racconta Alessio - poi spaccata in quattro pezzi, ripassata in pentola e servita a tavola. Un procedimento che però mortificava un po’ il piatto: la carne subiva due cotture e la pelle diventava molle, riumidificata dalla salsa. Oggi invece lavoriamo in modo diverso: disossiamo parzialmente la faraona, la cuociamo a bassa temperatura, la rosoliamo in padella e la ultimiamo al forno. Così otteniamo una pelle super croccante e una carne succosa. La salsa viene recuperata con i suoi oli e le frattaglie, molto originale e verace. Con le ossa ricaviamo un fondo bruno che stringiamo e rifiniamo per accompagnare il piatto. Un esempio semplice, ma che racconta bene il nostro processo e la nostra filosofia»