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PepeNero, "nelle mani" di Salvo Cravero con un degustazione colorato e fantasioso

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Da pochi mesi il PepeNero ha intrapreso una nuova strada rispetto al concept precedente, abbracciando ora l’idea di una buona e bella osteria di pesce (ma anche carne, all’occorrenza) con tutti i crismi contemporanei del caso. Sempre con un’attenta cucina alla base, supportata da indubbia qualità delle materie prime. Impossibile dopotutto il contrario, considerando come la mano dietro questa cucina sia quella di Salvo Cravero, chef al quale non gli si può dire certo nulla per quanto riguarda manualità e tecnica tra i fornelli.

Da indirizzo a metà tra un ristorante e un’osteria, come dicono al PepeNero, il locale è diventato un “ristoria”, una sorta di crasi che testimonia questa anima rinnovata del locale, figlia di una svolta “storica” rispetto alla precedente gestione, in cui il senso di continuità è rappresentato proprio dalla presenza dello chef, chiamato ora a un tipo di cucina, seppur sempre ben fatta, un po’ più riconoscibile e immediata. Compatibilmente con la richiesta del luogo, maggiormente concentrata su piatti di più facile familiarità per il cliente medio, così come anche al turista che passa da queste parti. Lo chef Salvo Cravero coadiuvato dalla sua brigata ha dato quindi una smussata alla propria cucina, mantenendo canoni chiave come qualità delle materie prime, stagionalità e territorialità laddove possibile, ma rendendola più pop, in grado di strizzare l’occhiolino a una fetta di clientela che sempre di più negli ultimi tempi sembra rivolgersi a un tipo di ristorazione più vicina a una bella osteria moderna rispetto ai ristoranti gourmet e fine dining più puri e, per così dire, impostati.

Ciò non toglie, comunque, come lo chef pur inserendo in menu grandi classici, piatti per certi versi più famigliari, ben studiati, ponderati e altrettanto ben fatti, non si conceda qualche licenza personale e personalizzata, attingendo sia dallo storico delle sue creazioni sia da un processo creativo che non si ferma ai classici, ma spazia e varia galleggiando più su un concetto fine dining. È questo il percorso “Nelle mie mani”, dove Cravero a ruota libera, per chi vuole, gioca tra passato, presente e un po’ di futuro, avendo carta bianca con i clienti che decidono di affidarsi completamente alla sua ispirazione. Si gioca con gli omaggi ai grandi colleghi, con piatti “falsi d’autore” che richiamano le creazioni di chef anche pluristellati, ma si gioca anche su una resa di cucina più spinta e fantasiosa, adatta per chi vuole dedicarsi più a un’esperienza fine dining rispetto a una scelta di piatti più tradizionali, per così dire.

Io quando vado al ristorante amo affidarmi completamente allo chef, così da assaporare la sua versione, e visione, di cucina. Ho fatto lo stesso anche nel corso dell’ultima visita al Pepenero, e non me ne sono affatto pentito.