Vescovi beoni, finestre segrete e pecore assetate. Il comun denominatore? Il vino
C’è chi dice che il vino non sia solo una bevanda ma un vero e proprio narratore di storie. E in Italia, terra di vigne e leggende, basta poco per trovarsi immersi in racconti affascinanti e sorprendenti.
Oggi vi porto in viaggio tra Lazio, Toscana e Marche, alla scoperta di tre storie legate dal filo bianco-rosso del vino… e da un pizzico di curiosità!
Est! Est!! Est!!! Il vino che lasciò senza parole un vescovo
Correva l’anno 1111 ed il vescovo tedesco Johannes Defuk era in viaggio verso Roma; dove avrebbe assistito all’incoronazione di Enrico V come imperatore. Non un viaggio banale, meglio ancora se lungo il tragitto, di tanto in tanto, si potesse bussare in qualche osteria per assaggiare i vini locali. Per questo motivo affidò al suo fido coppiere Martino un compito ben preciso: partite qualche giorno prima, avvantaggiarsi nel tragitto, per assaggiare il vino nelle taverne lungo il cammino e segnalargli quelle con il nettare più prelibato. Il sistema era semplice ed efficace: se il vino meritava, Martino scriveva sulla porta della locanda “Est” (che in latino significa “C’è”). Se il vino era eccezionale, avrebbe aggiunto un altro Est. Accadde così l’inaspettato: arrivato a Montefiascone, Martino trovò un vino così straordinario che decise di non badare alla moderazione e lasciò un “Est! Est!! Est!!!” con ben tre punti esclamativi, quasi urlando sulla porta della taverna.
Quando il vescovo Defuk lesse il messaggio, non poté fare a meno di fermarsi. Ma una notte diventò una settimana. Una settimana divenne un mese. Un mese si trasformò in una residenza permanente. Il vescovo decise così di non ripartire più e si stabilì a Montefiascone, bevendo il suo adorato vino fino alla fine dei suoi giorni. Sulla sua tomba, ancora oggi, si può leggere un epitaffio che recita: “Per il troppo Est! qui giace morto il mio signore Johannes Defuk” - una delle dediche più enologicamente poetiche della storia! Ma Defuk non è stato l’unico a prendere sul serio la sua passione per il vino.
Il vino a Firenze? Calici nelle buchette
Qualche secolo più tardi, a Firenze, qualcuno trovò un modo ancora più ingegnoso per godersi un calice senza troppe interruzioni…Le Buchette del Vino: la prima delivery del vino nel Rinascimento. Se oggi possiamo farci arrivare una bottiglia di vino a casa con un’app, nel Rinascimento a Firenze c’era un sistema ancora più affascinante: le buchette del vino.
Immagina di passeggiare tra i vicoli fiorentini e notare delle piccole finestrelle in pietra, incastonate nei palazzi storici. Si tratta di vere e proprie “finestre da asporto” per il vino, usate per secoli dalle nobili famiglie produttrici per vendere direttamente ai cittadini senza intermediari. Quasi più semplice di un’app: bussavi alla buchetta, consegnavi il denaro e, poco dopo, ti veniva passato un bel calice o una fiaschetta di vino, senza bisogno di entrare in una taverna ma soprattutto senza dover aprire un negozio e quindi evitando di pagare le tasse. Un servizio rapido, efficiente e molto più igienico rispetto a tanti banconi affollati! Queste buchette hanno resistito nel tempo, sopravvivendo a guerre, pestilenze e perfino alla pandemia di Covid-19, quando sono state riutilizzate da alcuni locali per servire vino e caffè mantenendo il distanziamento sociale.
Insomma, la voglia di gustare un buon calice in tutta comodità non è certo una novità. Ma se a Firenze erano i nobili a gestire il business del vino, in un’altra parte d’Italia pare che gli intenditori fossero… le pecore?!
Pecorino? No, no questa volta niente formaggio stagionato ma vitigno a bacca bianca! E qui si apre il mistero: da dove viene il nome di questo vino bianco così profumato e minerale? Le interpretazioni sono diverse e meritano tutte un sorso di attenzione.
Le pecore intenditrici enologhe
Si dice che i vignaioli abbiano notato che le pecore erano particolarmente ghiotte di queste uve, forse per il loro contenuto zuccherino. Bastava un attimo di distrazione e i greggi facevano sparire interi filari. Così il vitigno prende il nome dalle sue più affezionate clienti.
Il vino dei pastori
Un’altra ipotesi è che il Pecorino fosse il vino preferito dai pastori, che lo bevevano durante la transumanza, tra Marche e Abruzzo. Del resto, un bicchiere di bianco dopo una lunga camminata in montagna è più che meritato!
Questione di lana
Alcuni studiosi ipotizzano che il nome derivi dalla parola latina “pecus”, che significa “gregge”. In questo caso, il vino non avrebbe niente a che fare con le papille gustative delle pecore, ma con il contesto rurale in cui veniva coltivato.
Tre storie, un solo protagonista: il vino nel tempo e nello spazio. Morale? Il vino è sempre un buon motivo per raccontare, sorridere e brindare e… Cin cin!
(foto finestre del vino dalla pagina Facebook - Buchette del Vino)